ACQUISIZIONI a cura di "Azioni d'Arte" testi di: Marcello Carlino e Loredana Rea

18/07/2018 al 29/08/2018

ACQUISIZIONI a cura di "Azioni d'Arte" testi di: Marcello Carlino e Loredana Rea Da poche settimane a Guarcino, piccolo paese montano in provincia di Frosinone, l’Amministrazione comunale ha istituito il MAC Museo d’Arte Contemporanea, che si distingue per la particolarità di avere in collezione solo opere di piccolo formato, nelle dimensioni massime di 50x50x50 cm.
L’associazione culturale Azioni d’Arte, incaricata di attendere alla gestione, ha promosso l’acquisizione di opere destinate al “fondo patrimoniale” del museo, che si avvale della direzione artistica di Loredana Rea, storico e critico d’arte.
Nell’ambito dell’ESTATE GUARCINESE 2018, in attesa della consegna della sede definitiva, individuata in  un antico palazzo del centro storico, il 18 di luglio alle ore 17,00 apre al pubblico nella sala teatrale del  Comune la mostra ACQUISIZIONI.
Il piccolo formato è scelto per innescare una costruttiva  riflessione sui percorsi plurimi della contemporaneità. Le differenze, le singolarità, le dissonanze e le affinità suggeriscono la complessità della ricerca artistica, in cui l’estrema libertà espressiva, perseguita con gli strumenti e i metodi più diversi, sembra essere l’unico collante. 
Il fondo del MAC, inevitabilmente in progress, è composto di poco meno di cento unità e può contare dei lavori di:
Minou Amirsoleimani, Caterina Arcuri. Renzo Bellanca, Rosetta Berardi, Franca Bernardi, Mario Maria Bianchi, Anna Boschi, Francesco Calia, Vito Capone, Antonella Capponi, Antonio Carbone, Elisabetta Catamo, Pietro Celani, Elettra Cipriani, Luisa Colella, Carla Crosio, Maria Pia Daidone, Rita De Giorgio, Nino De Luca, Adolfina De Stefani, Luce Delhove, Piero Delucca, Lucia Di Miceli, Gabriella Di Trani, Elisabetta Diamanti, Patrizia D'Orazio, Mavi Ferrando, Marco Ferri, Giovanni Fontana, Giancarla Frare, Annamaria Gelmi, Delio Gennai, Salvatore Giunta, Paolo Gobbi, Margherita Levo Rosenberg, Daniele Lisi, Francesca Loprieno, Vincenzo Ludovici, Giuliano Mammoli, Venanzio Manciocchi, Franco Marrocco, Giovanna Martinelli, Rita Mele, Patrizia Molinari, Franco Nuti, Antonio Picardi, Antonio Poce, Teresa Pollidori, Giuseppe Ponzio, Antonio Pugliese, Lucilla Ragni, Fernando Rea, Rosella Restante, Sauro Rollandi, Marcello Rossetti, Massimo Salvoni, Ninì Santoro, Alba Savoi, Grazia Sernia, Elena Sevi, Stefano Soddu, Ilia Tufano, Vittorio Vanacore, Oriano Zampieri


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  IL GRANDE TALENTO PROTEIFORME DEL PICCOLO FORMATO
Di Marcello Carlino        
 
È dapprincipio una questione di spazio e della simbologia che può essere conferita alle misure dello spazio.
Al piccolo formato s’addice la discrezione. Ovvero, nel segno direzionale – che gli è proprio – di una compatibilità ambientale e di un efficace combinato disposto di pieno e di vuoto nelle relazioni spaziali di contesto, gli si deve riconoscere una presenza che parla senza acuzie di suono, senza estensioni invasive: perciò, tendenzialmente, in compostezza e in eleganza. Non è poco come suggerimento di tono e come raccomandazione ideale, oggi che l’arroganza strepita da dominante irragionevole e insensata, e il parlare si ripete incomposto, e l’eleganza non è più arco teso della bellezza.
È poi una questione di linee di ascendenza, di filosofia strutturale, di dialettica implicita nella tradizione e nella storia delle arti.
Il piccolo formato ha una duplice uscita. Racchiude in sé un’istanza di perfezione, quasi che nel dettaglio, nel particolare trovasse stanza l’interezza e quasi che nella concentrazione figurale si raccogliesse come in uno specchio l’universo nella sua totalità: un microcosmo, insomma, per effetto di sintesi, di raccordo brachilogico, di suggestione che è inscritta nel territorio del simbolo (e che rivà alla figurazione come tessera cultuale, come capolettera sacrale del verbo). Epperò il piccolo formato affaccia pure sul frammento, che, mentre può essere un surrogato plenipotenziario di una totalità compiuta, in altra diatesi ha titolo egualmente collaudato per marcare discontinuità: può mostrarsi cioè parte avulsa ed eviscerata dal tutto, prova deliberatamente imperfetta, deposito di non finito, studio laboratoriale, sperimentazione viva, materia per incontinenza prossima ad esplodere o esplosa del tutto.
E giusto qui si ravvisa il fascino più seducente del piccolo formato e, su di un asse ereditario che comincia dal Novecento, si pronuncia una sua ulteriore, alta profferta di significato e di valore. Una virtuosa dialettica della finitezza e dell’indeterminato, del chiuso e dell’aperto, del dritto e del rovescio dell’espressione con il piccolo formato resta a proferire, nel segno di una pratica dubitativa, una finalità forte dell’arte. E non solo dell’arte.
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QUASI PER GIOCO. il piccolo museo di Guarcino
di Loredana Rea
 
    La mia collezione di piccolissimi quadri?
  Un’ossessione, una bella mania. Cammino per la casa e
  mi sembra di vivere in un museo tutto mio
  Cesare Zavattini

   
La costruzione di una collezione d’arte è lavoro complesso, che nasce da una passione e cresce a indicare il percorso di una progettualità critica, in cui trovano un punto di equilibrio gusto, ricerca e strategia, a esemplificare la pluralità di esperienze intrinseche alla sperimentazione. 
Quando poi si intende sottoporla al giudizio del pubblico, diventa necessario rendere comprensibili le motivazioni sottese al bisogno di esibire quello spazio costruito per sé, sospeso dal quotidiano eppure parte di esso, senza superare il limite dell’estrema didascalizzazione, che rischierebbe di banalizzarne l’articolazione.
Una collezione è specchio dei tempi e delle maniere differenti in cui si sedimentano sensazioni, percezioni, emozioni, incontri, scoperte, approfondimenti e si rielaborano intenzionalità operative e speculazioni teoriche, strettamente legate alle singole scelte, accomunate tutte da una solidità di pensiero.
La collezione del MAC è nata invece quasi per gioco, tra amici, mescolando leggerezza e serietà, per creare un’occasione di riflessione sulla molteplicità espressiva dell’arte contemporanea, perseguita con strumenti e mezzi diversi eppure alimentata da analogo impegno progettuale, anche quando i risultati sembrano opposti.
L’elemento connettivo è il formato, che nell’esiguità della superficie e dell’aggetto (massimo 50x50x50 cm) riesce a contenere esiti plurali e dissonanti quanto a significati e riferimenti, materializzare differenze e singolarità di orientamento, rendere comprensibile complessità di approcci, intenzioni e realizzazioni e perfino tracciare direzioni operative tangenti o divergenti.
Lo spazio minimo, che a molti può suonare come una sfida, rappresenta il territorio di una ricerca, in continua definizione, nei cui confini i segni e le immagini si ibridano, si contrappongono, si rispecchiano, per suggerire un percorso in cui tutto trova e ritrova il proprio significato.